lunedì 3 ottobre 2011

LA VISIONE DI CLEMMER

[…] Il mondo del detenuto è un mondo atomizzato. La sua popolazione è fatta di atomi interagenti in modo confuso. È dominata e si sottomette. La sua comunità è priva di una struttura sociale ben definita. I valori riconosciuti producono una miriade di attitudini configgenti. Non ci sono obbiettivi comuni definiti. Non c’è consenso su un fine comune. I conflitti dei detenuti con funzionari dell’amministrazione penitenziaria e la loro opposizione alla società sono di grado soltanto leggermente maggiore ai conflitti e alle opposizioni tra loro stessi. L’inganno e la disonestà sovrastano la simpatia e la cooperazione. Quest’ultima quando esiste ha una natura prevalentemente simbiotica. Il controllo sociale è solo parzialmente effettivo. È un mondo di individui le cui relazioni quotidiane sono personalizzate. È un mondo di “io”, “me” e “mio”, non di “nostro”, “loro” e “suo”. La sua popolazione è frustata, infelice, smaniosa, rassegnata, amareggiata, astiosa, vendicativa. La gente che vi vive è imprudente, inefficiente e socialmente analfabeta. Il mondo della prigione è un mondo privo di benevolenza. C’è sporcizia, puzza e sciatteria; ci sono monotonia e stupore. Il disinteresse è sempre presente. C’è desiderio di amore e smania di sesso. C’è la sofferenza della pena. Se si eccettuano pochi individui, regna lo smarrimento. Nessuno sa, a dispetto dei dogmi e dei codici, che cosa è importante. […].

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